Navi in cemento armato

Cantiere Urania di Muggia

1920 – 1921

 

Molti sono, come si sa, i materiali impiegati nella costruzione delle navi, grandi o piccole che siano: dal legno delle costruzioni antiche e dal ferro delle prime realizzazioni dello scafo in metallo all’acciaio e alle leghe speciali delle costruzioni moderne, civili e militari; va aggiunto all’elenco, da ultimo, il materiale plastico.
Non è molte noto, invece, che per un certo periodo, per la verità non lungo, è stato impiegato anche il cemento armato, e proprio dalle nostre parti, a Muggia.
Ne ha parlato il giornalista Ricciotti Giollo in un articolo pubblicato su “Il Piccolo” del 9 agosto 1973 con il titolo “Una pagina curiosa e interessante nel campo delle costruzioni navali—Delle navi in cemento armato è rimaste soltanto il ricordo”, articolo non privo di interesse anche se denunciante qualche improprietà di linguaggio, che si riporta integralmente qui di seguito.

Aldo Cherini

 

Qualche mese fa [siamo nel 1973] è stata data notizia della fine della maona “Urania”, interamente costruita in cemento armato e che da parecchi anni era in disarmo ormeggiata in Sacchetta. In molti quella notizia ha destato curiosità proprio perché si trattava di una imbarcazione in cemento, ma non è stato l’unico esemplare perché vari decenni fa numerose unità furono costruite proprio in cemento armato.
Bisogna risalire agli anni dell’immediato primo dopoguerra, nel 1920, per trovare a Muggia, vicinissimo alla porta di entrata della cittadina, il cantiere “Urania” specializzato per la costruzione di navi in cemento armato.

Il varo della motonave "Manon"A dire il vero era nato già nel 1916, sotto la spinta della guerra, la quale aveva rarefatto i rifornimenti di materie prime: legno e ferro. Risorse al termine del conflitto e la sede legale della “Ditta ing. Kauf & Brunner”, costituitasi Società a r.l., fu a Trieste, in Via del Pesce 2.
Era quello un periodo difficile per i complessi cantieristici della regione, — usciti malconci dalla guerra e in difficoltà per trovare le materie prime necessarie alle nuove costruzioni. Si pensò così di adoperare il cemento, materiale più facilmente reperibile sul mercato e che soprattutto abbreviava i tempi di costruzione.
Purtroppo è difficile ricostruire la storia di questo non grande complesso industriale, che ebbe una vita molto breve e che non ha lasciato annali per cui è impossibile stabilire quante e quali siano le unità costruite. Nel 1920 era in piena attività e costruiva navi a vela e a vapore, motonavi, motovelieri da pesca, cisterne galleggianti, maone, pontoni e chiatte, bacini galleggianti, boe da tonneggio.
Sino ai primi mesi del 1921 ebbe al suo attivo 5000 tonn. di naviglio. Tra le varie unità costruite c’era anche la maona per carico in coperta “Urania” di 950 tonn.
Il cantiere “Urania”, diretto dall’ing. Marino Caliterna, si impose all’attenzione nazionale per i suoi progetti e le sue realizzazioni, per le quali usava brevetti propri di assoluta originalità nel campo delle costruzioni navali.
Le costruzioni di maggior prestigio peraltro furono delle motonavi, di due sole delle quali ci sono pervenuti i nomi: “Manon” e “Nora”. Erano lunghe 30 metri, larghe 6, avevano un pescaggio di m.1,10 e una portata di 250 tonn. in tre stive. Queste unità furono costruite per la società di armamento “Oceania” e avevano un motore a testa calda a nafta Climax-Liesing della Satima di 80 HP, con 360 giri al minuto.
La “Manon” effettuò le prove in mare nei primi giorni del giugno 1920, sul tratto del miglio misurato da Punta Sottile-Punta Grossa a Pirano, sviluppando una velocità di 5 miglia. Partita da Muggia, con a bordo numerose autorità, i costruttori e gli armatori, dopo le prove e alcuni giri nel golfo, attraccò al molo triestino S. Teresa.
Dopo qualche settimana venne varata anche la “Nora”, mentre era sugli scali un’unità gemella, ma dotata di motori Diesel-Ansaldo S.Giorgio di 120 HP, con 340 giri al minuto.

Erano pronti inoltre i progetti per due unità da 1000 tonn. con motore Diesel da 250 HP.

Il peso di queste navi in cemento stava alla metà tra le navi costruite in legno e quelle in ferro, tuttavia erano quasi sempre adibite al trasporto di materiali da costruzione, soprattutto cemento. Non potevano inoltre navigare alla notte, per un apposito regolamento, specie se si trovavano lungo le coste. Lo scafo in cemento era ritenuto troppo fragile in caso di collisione, per cui era concesso navigare solo dall’alba al tramonto; solamente se, calata l’oscurità, si trovava a circa mezz’ora dal porto di arrivo, la nave poteva portare a termine il suo viaggio. Il provvedi mento trova la sua giustificazione in quanto queste motonavi face vano servizio lungo la costa dalmata, ove le molte isole e scogli rendevano veramente difficile la navigazione notturna.
L’ultima notizia relativa a queste costruzioni navali in cemento armato risale al luglio del 1921, quando venne varato un bacino di carenaggio progettato dall’ing. Ghira, per conto della Società Esercizio Bacini della nostra città. Il varo venne eseguito trasversalmente ed il bacino, con sei compartimenti stagni, era lungo m. 64, largo 21 e alto 10; l’altezza del piano delle taccate era di 7 metri. Aveva un potenziale di 1.800 tonn. ed era quindi destinato a navi di media grandezza.
Poi del cantiere specializzato in costruzioni in cemento armato c’è il silenzio. La denominazione sparisce dalle guida, dagli annuari.
La crisi dei cantieri coinvolse sicuramente anche il muggesano “Urania”, un complesso più artigianale che industriale, anche se conobbe una vita breve ma fiorente. Il ferro aveva vinto la sua battaglia pure sul cemento armato, e anche se il cemento abbrevia va i tempi di costruzione, anche se era più economico e garantiva una vita più lunga alla nave, era sempre più fragile del metallo.
Occorrevano inoltre unità più grandi e più veloci, per cui il piccolo cantiere muggesano dovette chiudere, non certo ingloriosamente, perché aveva saputo scrivere una pagina interessante nel campo delle costruzioni navali.

 

La motonave "Manon" subito dopo il varo

 

 

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