IL NAVIGLIO COSTIERO MINORE

della Venezia Giulia e Dalmazia 1819 – 1975

 

Lloyd Triestino

Società di Navigazione Dalmatia

Società di Navigazione Ungaro-Croata

Lloyd Austriaco

Stabilimento Tecnico Triestino

Istria-Trieste

La conformazione geo-politica che caratterizza l’Adriatico, determinata storicamente dai centri propulsori di Venezia e di Vienna, si presenta assai complessa specialmente nelle zone settentrionali e orientali, punti d’incontro di popolazioni portatrici di differenti figurazioni sociali, culturali, economiche e politiche che, col trascorrere del tempo, hanno finito per amalgamarsi fino ad acquisire una propria inconfondibile fisionomia

 

L’ambiente geofisico si presenta con andamenti molto differenziati, con zone poco praticabili per via di terra principalmente lungo il versante orientale, specialmente dalmatica, per cui fino ad un passato non molto lontano gran parte della vita è venuta ad addensarsi sulle coste, tracciando sul mare collegamenti di piccolo cabotaggio con vari tipi di naviglio a vela, ad uno, due o tre alberi. Naviglio numeroso, cadente sotto la vista di tutti e pertanto non soggetto a quelle attenzioni che si riservano alle cose considerate importanti o comunque degne di documentazione quale oggi sarebbe di non poco interesse.

 

Con l’avvento della macchina a vapore, nata dapprima per servizi ausiliari, e della sua introduzione nella propulsione delle navi, le cose cambiano dapprima lentamente e non senza contrasti per imboccare infine la via di una diffusione generalizzata tanto da ramificarsi in più tipi adatti ognuno al servizio richiesto.

 

È venuta a costituirsi in Adriatico una flotta senza pari di piccolo tonnellaggio per trasporto misto (passeggeri e collettame) impiegata su linee locali per via di mare e di acque interne, con società armatrici grandi e piccole, ed armatori individuali, che nei tanti anni di una attività indefessa hanno provveduto al trasporto complessivo di milioni di passeggeri. Rilevanti anche i riscontri sociali in quanto occasione tra gli imbarcati di incontro e di reciproca conoscenza tra ceti sociali che nelle comunità di terra avevano pochi e talvolta contrastati contatti.

 

Un fatto che ha interessato anche la produzione cantieristica, nata e consolidatasi con stabilimenti di grandissima capacità e importanza, tanto da richiamare l’attenzione della pubblica amministrazione che nella Venezia Giulia ha risposto con i due i. r. Governi Marittimi di Trieste e di Fiume per i molti compiti riguardanti quanto era attinente al particolare settore e mantenuti per qualche anno anche dall’amministrazione italiana subentrata nel 1918.

 

Il parco natante, quanto mai esteso, ha compreso un ventaglio di unità di varia grandezza e capacità, dalla minima propria delle acque interne fatta di veri e propri “battelli mosca” alla più grande corrispondente al migliaio circa di tonnellate di stazza lorda. Ogni armamento ha la sua storia, spesso non poco complessa e poco nota. Il nerbo era costituito dal naviglio stazzante tra le 100 e le 200 tonnellate circa, con capacità di carico adeguata alle linee servite e velocità di 10,12, 13 nodi che all’epoca sono stati notabili consentendo tempi di spostamento accettabili. Si ricorda che il “Vettor Pisani” della Capodistriana ha superato in una traversata di prova i 14 nodi. È prevalsa la classica macchina a triplice espansione collocata al centro nave, che in molte unità era liberamente visibile attraverso le finestre senza chiusura del cofano nei suoi movimenti disciplinati dalla suoneria ben udibile del telegrafo manovrato dal ponte di comando.

 

Il passo iniziale veniva fatto nel 1818 con l’entrata in attività della prima linea di navigazione a vapore del Mediterraneo, tra Trieste e Venezia, con la vaporiera “Carolina” per iniziativa di Giovanni (John) Allen, intraprendente americano residente a Trieste. Seguiva nel 1821 con mezzi più adeguati un inglese, William Morgan a conferma della validità dell’intrapresa che avrebbe portato a sviluppi di grandissimo respiro, tali da caratterizzare tutto l’arco delle terre bagnate dall’Adriatico nord orientale.

 

Una situazione complessa e tutt’altro che stabile per cui non erano rari i cambiamenti di proprietà, la fusione o incorporamento tra più armatori, i minori che cedevano di fronte ai maggiori, le concorrenze che finivano spesso in tentativi falliti ma recanti comunque disturbo. Il tutto con la conseguenza di passaggi dei navigli da una ad altra parte con cambiamenti di nome e di colorazione dei quali la gran parte dei passeggeri era all’oscuro. Alcune società armatrici sono state eminenti per attività e numero di unità. La Società di Navigazione Ungaro-Croata di Fiume, attiva dal 1891 al 1921 con lingua d’uso ungherese e italiana, ha armato oltre un centinaio di piroscafi contraddistinti da nomi ungheresi, italiani e croati, indice di una conduzione intesa ad accontentare un po’ tutti. Così anche la Società Anonima di Navigazione a Vapore Dalmatia nata nel 1908 con sede a Trieste e porto d’armamento a Zara, con lingua d’uso ungherese, italiana e tedesca. Nasceva, si può dire in modo anomalo, col conferimento di 5 unità della Società Zaratina, 9 dell’armatore Pio Negri, 8 di Rismondo, 6 di Topic, 2 del Lloyd Austriaco, 2 acquisti e 11 di nuova costruzione. Il Lloyd Austriaco infatti aveva mantenuto un piccola linea locale tra il Montenegro e l’Albania fino al lago di Scutari.

 

Dopo il 1918, ridisegnati i confini tra gli stati rivieraschi, vale a dire tra l’Italia e il Regno dei Serbi Croati e Sloveni (futura Jugoslavia), e radicalmente cambiato il campo delle attività marinare, ha assunto la posizione di testa la Società Anonima di Navigazone Istria-Trieste armando dal 1886 al 1960 31 unità, mentre la Navigazione Capodistriana S A stava al secondo posto con l’armamento di 18 unità. La bandiera italiana manteneva alcune linee della Dalmazia servite da motonavi più grandi e celeri armate dalla S.A.I.M-Società Anonima Industrie Marittime di Ancona , dalle Società di Navigazione San Marco e Adriatica di Venezia.

 

Nel 1959 veniva emanata una legge riguardante le attività dei servizi marittimi minori sovvenzionati, prodromo di una riforma che avrebbe portato in tempi non lunghi a cambiamenti radicali allora non avvertiti. Tant’è vero che si costituiva una nuova società, la “Navigazione Alto Adriatico S.p.A.”, che metteva in linea tre belle nuove piccole motonavi. Ma poco rimaneva delle vecchie attività falcidiate prima dalla guerra e poi da un contrastato dopoguerra sicché la società si vedeva costretta ad adeguarsi abbandonando le piccole motonavi (due trasferite nel Tirreno ed una in Egeo dopo due bevi periodi di gestione affidati al Lloyd Triestino e all’Adriatica) per giungere poi, nel dicembre del 1978, alla cessazione dell’attività. Determinante anche il fatto che l’asse portante che aveva sorretto da tempo immemorabile i trasporti per via d’acqua s’era trasferito sulla terra con la motorizzazione civile ormai divenuta competitiva.

 

 

 

Fonti

 

Archivio di Stato; biblioteca e archivio dell’Associazione Marinara “Aldebaran” di Trieste; notizie ricavate dalle pubblicazioni di Paolo Valenti, Ernesto Gellner, Giorgio Spazzapan, Fulvio Babudieri, Horst F. Mayer, Dieter Winkler, Nereo Castelli, Aldo Cherini.

 

 

 

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