Una piccola barca dell'Adriatico settentrionale

Batela
L’antico centro peschereccio di Grado è un interessante punto di osservazione tematica riguardante le barche che fin dai tempi più antichi hanno servito in gran numero e in più tipi la navigazione e le connesse attività nell’Adriatico Settentrionale da Ravenna all’Istria. Un arco costiero formato da un susseguirsi di fondali marini bassi a volte ridossati da cordoni esterni di sabbie, estese lagune, canali naturali e artificiali, il grande delta del Po e sbocchi di corsi d’acqua grandi e piccoli che fino a tempi non tanto lontani hanno fornito vie d’acqua e attività pescherecce intensamente sfruttate da marinai di piccolo cabotaggio, pescatori di costa e di valle, parte attiva di un sistema sociale a sé stante con propri usi e costumi.

Questo particolare ambiente ha favorito la nascita di più tipi di barche a fondo piatto che i maestri d’ascia e di carpenteria hanno saputo congegnare e adattare ai diversi impieghi sulla base di esperienze secolari. Si è prodotto così un interessante schieramento con in testa per longevità, robustezza e attività il trabaccolo, alcuni esemplari del quale hanno operato anche fuori l’Adriatico e di esso basti ricordare il servizio prestato in guerra per conto sia della I.R. Marina austro-ungarica sia della R.Marina italiana.

Ma è dei tipi minori che intendiamo richiamare l’attenzione ed in particolare delle battelle, in termine dialettale batele, e delle battane, o batane, che si trovano queste ancora in mare in buon numero grazie ai costi minori di costruzione e di manutenzione ed alla buona funzionalità per la piccola pesca professionale o sportiva e per diporto sotto costa. I nomi sono due, ma il tipo è in realtà uno solo distinguendosi le batele nella linea leggermente bombata della prua e delle fiancate, e le batane nella linea diritta. Le fiancate sono raccordate con il fondo a spigolo vivo, manca la chiglia sostituita a volte con una tavola di spessore maggiorato. La poppa finisce nella maggioranza dei casi a specchio, a volte stretto fino a ridursi a cuneo.

Il cavallino, curvatura del fondo e del capodibanda, o non esiste o varia a seconda delle località. Nella laguna di Grado, in presenza di argini affioranti, si trovano barche con fondo arcuato atto a superare l’ostacolo senza che la prua resti presa nel fango mentre le barche della vicina Istria, che presenta per lo più fondali sassosi, il cavallino è appena accennato.

Altro elemento variabile è dato dal sistema di voga che è sempre alla veneziana, col vogatore agente in piedi e rivolto verso la direzione di marcia, con due remi azionati con i gironi incrociati su forcola inserita a contatto della impavesata. Ma non mancano le forcole tenute fuori bordo sistemate all’estremità di un trasto ( tavola trasversale tra le due fiancate) detto brazzera che può essere di un solo elemento oppure diviso in due parti più maneggevoli per necessità di disarmo, e in questo caso i gironi non si incrociano. Questa brazzera – da non confondersi con l’omonima grande navicella a carena arrotondata e chiglia – è un elemento riscontrabile nella zona adriatica alto-orientale, in Istria con qualche presenza anche nel Quarnero, ma si trova anche in natanti più piccoli a meridione, in Puglia (lago di Varano) e in Grecia (lago di Kastoria, Pindo). Come mai un simile stacco?

Batele e batane si prestano anche alla vela al terzo, talora con un fiocco e timone maggiorato per servire anche da deriva. Barche piccole e apparentemente insignificanti che sono sopravvissute ai mutamenti imposti dal progresso senza attirare l’attenzione pur meritandone non poca. Attenzione che si è finalmente manifestata da poco più di un decennio sia pure nell’ambito di un risveglio generale in materia di archeologia e etnografia nautica da parte di studiosi qualificati con incontri anche internazionali alcuni dei quali si sono tenuti nel sopraccennato centro storico di Grado.

Se ne è interessato particolarmente Mario Marzari che ha seguito anche le fasi della costruzione citando il seguente procedimento:

  1. impostazione della tavola centrale del fondo conferendo ad essa la curvatura desiderata
  2. fissaggio della ruota o asta della prora, dello specchio della poppa e dell’ordinata maestra. Le ordinate variano di numero e sono formate da una parte piana a contatto del fondo e da due sanconi (uno per lato)
  3. fissaggio di una tavola di cinta per lato
  4. fissaggio delle altre ordinate collegandole tra di loro con una serretta o dormiente interno
  5. messa in opera del trasto centrale, dei copertini di prua e di poppa con i loro bagli terminando con l’impavesata
  6. applicazione del fasciame di fiancata e poi del fondo.

Negli ultimi tempi le tavole si trovano in misura standardizzata e ciò ha influito sulla lunghezza delle barche che raramente superano i 5 metri. Le tavole di fasciame hanno lo spessore di 1 – 2 centimetri , le piane sono larghe 6 centimetri distanziate normalmente di 20 centimetri. Quanto alla specie del legno, nelle varie parti in opera trovano impiego il larice, il rovere, il pino e l’abete. Al giorno d’oggi trovano impiego anche i fogli di compensato marino.

La coloritura è per lo più sobria con preferenza alle tinte chiare. La vela presenta il predominio dell’ocra gialla e del rosso mattone di tutte le vele adriatiche ma nelle stazioni balneari, sulle barche impiegate nei servizi di spiaggia, è frequente il ricorso a vistosi motivi pubblicitari.

Le piccole barche piatte dell’Adriatico contano numerose consorelle sulle vie d’acqua di lago, di fiume, di canale, di semplice acquitrino, ma detengono il primato di una longevità e di una multiforme capacità di impiego non riscontrabile altrove, essendo più robuste e complesse nei dettagli specialmente per quanto riguarda l’impavesata. Esistono esemplari simili anche all’estero, in Portogallo, in Spagna, in Francia, in Inghilterra, in Olanda, in Polonia, in Russia, in Svizzera, in Austria, ma in rapida sparizione. Dalle nostre parti se ne vedono ancora diverse, semplificate al massimo, sono sparite per lo più le batele ma non le batane, grazie al fatto che queste sono più semplici di costruzione e pertanto più economiche, atte anche al motore fuoribordo applicato al preesistente specchio di poppa.

riduzione da disegno tecnico di Mario Marzari (1978)

 riduzione da disegno tecnico di Mario Marzari

Batela "Nella" - riduzione da disegno tecnico rilevato da Mario Marzari (1978).

Lunghezza ft 492 cm, larghezza ff 155 cm, altezza m 42 cm.

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NOTE

Terzo d'Aquileia

Merita un cenno per la sua singolarità non riscontrabile in nessuna altra barca locale, la piccola piatta rilevata a Terzo di Aquileia nel 1979 e proveniente dal vicino Palù dell’Ancora. Era rimasta chissà per quanto tempo tirata in secco su di un prato ai margini del canale che costeggia la strada finendo infine demolita.

Di costruzione approssimativa denunciante una mano estranea alla carpenteria nautica, la piccola piatta ha presentato le fiancate composte da due tavole sovrapposte, sistema del tutto estraneo alla tradizione nautica adriatica. Il dritto di prua è stato ricavato da un grosso ceppo sproporzionato alla sua funzione, fondo piatto e impavesata senza cavallino e le fiancate quasi verticali.

Ha misurato in lunghezza m. 3,68, in larghezza m.0,94, in altezza m. 0,26.



Non sono mancate le costruzioni in conto proprio eseguite con impegno, a regola d’arte. Ricordiamo, a Capodistria, una bella “stella” da diporto e da regata, alcuni “beccaccini” e un esemplare di misure maggiorate detto “beccaccione”. Intorno al 1948, abbiamo visto sull’impiantito del grande salone di Palazzo Tacco disegnata in grandezza naturale l’ossatura di una battana di 4,5 metri che il figlio del custode si apprestava a costruire in proprio utilizzando quel salone (in quel periodo sgombro) come sala del tracciato di un cantiere.


La pala d’altare della chiesa parrocchiale di Barcola a Trieste ha attirato l’attenzione per il fatto di presentare ai piedi del repertorio iconografico religioso chiesastico l’immagine di una piatta munita di vela latina, di un tipo che si può considerare antico. Singolare il fatto che il Civico Museo del Mare, sempre di Trieste, possiede un modellino molto simile che suggerisce l’idea che il quadro e il modellino riguardino un tipo comune originario (vedi la vela latina) ormai scomparso oppure un tipo di costruzione eminentemente locale, dato che a Barcola esistono ancora piatte con poppa non a specchio ma a cuneo come la batana rilevata nel 1906 da Jeroniti e Carlini, lunga m. 4,10, larga m.1,14, alta m.0,44. Un’altra è stata rilevata nel 1981 lunga m. 4,25, larga m. 1,20, alta m. 0.45 con poppa quasi a cuneo, senza cavallino, ed una terza molto simile nel 1988.

batana barcolana batana a Trieste


Succede di trovare qualcuna di queste piatte abbandonata a terra e finita mezzo sfasciata, fatto questo che permette di esaminare il relitto e prendere schizzi e misure con comodo, come accaduto a San Bartolomeo di Muggia nel 1970 quando è stato possibile esaminare la struttura di una batela sotto i copertini di prua e di poppa scoprendo una struttura rinforzata del tutto inusuale, esempio unico, della quale resta inspiegabile la ragione.

Batela di Capodistria a Trieste San Bartolomeo Batela di Capodistria


Per quanto riguarda le forcole per i remi, la fantasia regna sovrana in tutto l’arco dell’Alto Adriatico per cui non occorre cercare distinzioni di località come provato da un colpo d’occhio che va da Venezia a Muggia passando per San Stino di Livenza, Grado e Trieste, ricavate tutte con uno o due morsi, a volte tre, da un’alta e robusta tavola di legno.

forcole viste a Grado forcole viste a Muggia forcole viste a San Stino di Livenza forcole viste a Trieste
forcole viste a Trieste forcole viste a Venezia forcole viste a venezia forcole viste a venezia


Non va trascurato infine un fatto che può essere considerato marginale ma che presenta valore di prova sull’ampia versatilità delle batele e delle batane spiegando anche la ragione della loro presenza attuale malgrado tutto, il corto passo da barca da lavoro qual’ è il peschereccio a barca da diporto, sia pure piccola, fino a modificarne l’aspetto esteriore con una leggera soprastruttura di riparo, come osservato tra il 1980 e il 1982 nel porto canale di Aquileia, a Grado e a Muggia. Fatto derivante forse dall’esempio offerto da barche grandi come il trabaccolo “Il Nuovo Trionfo” e la brazzera “Vecia Baba” con base a Grado, e non sono le sole.

Porto canale di Aquileia - Battana trasformata Muggia - Battana trasformata e cabinata (1982) Battana Grado 1980 Battana Grado 1980


Notevolmente diversa, stante le differenze ambientali marine e metereologiche, è la situazione riscontrabile nel Quarnero che bagna le coste orientali dell'Istria e delle isole, comprese Veglia ed Arbe che fino al 1918 ne facevano parte. Rilevabile lo scambio culturale verso est con la piatta di Arbe e verso ovest con il guzzo a carena arrotondata e chiglia a Trieste. Un fatto non certo eccezionale tra le barche, grandi o piccole, che presentavano una capacità di movimento  superiore ai mezzi di comunicazione terrestri. Si porta ad esempio la piatta di Arbe anche perché, caso unico,  presenta una specola a vetro sul fondo a proravia tale da permettere la vista del fondale marino, tenuta coperta da una tavola mobile. 

Arbe - batana Arbe - Batana


Dalle cartoline postali:

Grado, il porto Laguna di Grado, Isola dei Beli
Risorgive del Timavo Muggia, il porticciolo interno
Trieste, le rive Trieste, Riva IV Novembre
Trieste, canale e Chiesa di San'Antonio

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